La Nave dei Folli #4.34 fraontheblock
Episodio 4.34
Per Sloterdjik le offese che l’essere umano subisce nel corso della storia, sia come singolo sia come specie, sono necessarie per far maturare la sua coscienza, perciò tutte queste umiliazioni «sono solo delle vaccinazioni di verità, che ci mettono a disposizione, dopo le prime reazioni di crisi, forze immunitarie rigenerate e sentimenti più elevati e maturi.» L’umanità si potrebbe in questo senso rappresentare come una piramide composta da «vaccinati, vaccinati a metà e da non vaccinati», al vertice della quale ci sarebbero «quelli in cui si è compiuta la conversione completa da un narcisismo primario, infantile e religioso, a un narcisismo possibilizzante, adulto e tecnologico.» Si tratta di una vaccinazione ancora metaforica, certo, ma poco dopo Sloterdjik fa notare come nessuno abbia inserito nel processo di umiliazione scientifica il contributo specifico della medicina: «in che modo il disagio attuale prodotto dalla medicina robotica riflette il tipico dislivello tra produttori e consumatori delle umiliazioni tecnologiche? E infine: come si può trasformare lo svantaggio di venire surclassati dai robot nel vantaggio di una coesistenza con macchine intelligenti?»
Freud aveva parlato delle umiliazioni subite solamente come ferite psicologiche, senza riconoscere alla medicina alcun contributo nella distruzione di quelle che definisce «fantasie antropologiche della sovranità e della centralità.» Ma ciò si rivela poco convincente se non storicamente falso, poiché non si riconosce che contemporaneamente alla ferita cosmologica copernicana avviene una umiliazione anatomica, che Sloterdjik chiama anche vesaliana, dal nome del medico fiammingo che nel Cinquecento aveva rivoluzionato l’anatomia con l’introduzione della dissezione del cadavere, che divenne «un vero e proprio docente di antropologia», mentre il corpo umano «raggiunse per la prima volta lo status di un “corpo” nel senso della fisica moderna, sottoposto alla legge della caduta, al bisturi e alla rappresentazione prospettica».
Con l’umiliazione anatomica del XVI secolo l’immagine del corpo umano viene rimodellata sulla base del cadavere e l’immagine del cadavere su quella della macchina. Per Sloterdjik al fondo di ogni ferita del narcisismo umano non troviamo altro che l’equivalenza tra uomo e macchina, ma l’identificazione dell’uomo con delle semplici macchine colpisce contemporaneamente tre punti sensibili dell’orgoglio antropologico: la consapevolezza della complessità, la consapevolezza dello scopo e la consapevolezza di essere una parte sostituibile. «Anche l’uomo più ingenuo sa, o intuisce da sé, di essere costruito in modo infinitamente più complesso di ogni strumento e di ogni macchina che utilizza. Tutte le macchine conosciute, almeno fino a pochi anni fa, si basano su delle geometrie ipersemplici e innaturali, e su delle riduzioni estreme.»
Ma per il filosofo tedesco, la reazione a quest’ultima umiliazione macchinica avviene proprio inserendo nell’organismo parti meccaniche che, parallelamente, si sono talmente evolute da obbligare gli umani a «considerare qualsivoglia parte del loro corpo come potenzialmente sostituibile grazie ai mezzi offerti dal progresso dell’arte ingegneristica protetica.» Il postumano nasce allora da questa ibridazione che, lungi dall’essere considerata una pericolosa perdita di autonomia, è al contrario considerata uno sviluppo “naturale” e una benefica fonte di guarigione. «Per gli uomini contemporanei le possibilità di sentirsi umiliati dal confronto con le macchine si riducono sempre più di fronte alle più recenti tecnologie. Le macchine cibernetiche avanzate non sono più così distanti dalla complessità degli organismi come i meccanismi degli orologi del XVII secolo. I computer smart possono simulare i segni della spontaneità, dell’originalità, persino della giocosità estetica. La protetica ha raggiunto un livello tecnico tale da cancellare gran parte dell’orrore di un tempo, quando bisognava abituarsi all’idea di avere dei pezzi di ricambio come organi. Il tempo delle gambe di legno e degli uncini di ferro è ormai un passato lontano. Da questo punto di vista si potrebbe addirittura parlare di una convergenza tra l’umano e il macchinico.» (Peter Sloterdijk, “L’offesa delle macchine”, Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, pp. 274-280)
Sommario 4.34
Riferimenti 4.34