La Nave dei Folli #4.59 Matteo
Le speranze destate dall’introduzione di Internet a volte hanno assunto le sembianze di una vera e propria utopia. Due opere pubblicate nel 2000 sono particolarmente rappresentative di questa tendenza: La Planète des esprits di Philippe Quéau e World philosophie di Pierre Lévy. Quéau è uno dei maggiori esperti europei di multimedialità, già membro di comitati ministeriali sulla comunicazione e Direttore della divisione Informazione e Informatica presso l’Unesco, nel 1981 ideò IMAGINA (Monte Carlo International Forum on New Images) che fino al 2011 è stato il principale evento europeo dedicato a immagini computerizzate, realtà virtuale e ciberspazio. Invece Lévy, filosofo e docente universitario già allievo alla Sorbona di Michel Serres e Cornelius Castoriadis, è uno dei principali rappresentanti francesi del pensiero cyber, autore di vari libri e studi sul concetto di intelligenza collettiva intesa come la particolare intelligenza multidimensionale distribuita ovunque e in simultanea grazie alla sinergia tra gli esseri umani e le nuove tecnologie.
Senza volerli per forza amalgamare, è possibile tracciare un parallelo tra i due libri e autori. Innanzitutto, entrambi presentano Internet come il compimento della cultura umana, come l’ultima strada verso una pacificazione del mondo. Si concede così alla Rete, considerata molto più che un semplice strumento, il potere di risolvere la maggior parte dei mali che opprimono l’umanità. Quel che ci viene promesso è nientemeno che un’unificazione spirituale delle menti. Tanto in Quéau quanto in Lévy, la visione del ciberspazio si ispira apertamente a Teilhard de Chardin. Quéau non ha alcun dubbio: «la “noosfera” annunciata da Teilhard comincia a prendere forme tangibili, come il ciberspazio». Mentre Lévy sostiene che «l’evoluzione cosmica e culturale culmina oggi nel mondo virtuale del ciberspazio».
Questo riferimento alla “noosfera” è indice di uno spiritualismo pro-tecnologico che lascia assai poco spazio al pensiero critico, per lo meno quando c’è in gioco il progresso. Se su questo punto Pierre Lévy è fin troppo chiaro quando afferma che «il mondo non ha bisogno di critica, il mondo ha bisogno d’amore» (World philosophie, p. 182) nemmeno Philippe Quéau dimostra di avere alcun dubbio quando scrive che quelli che credono al progresso sono «gli uomini di buona volontà», dato che il progresso va necessariamente nella direzione di una «sintesi dello spirito». (La Planète des esprits, pp. 303-304) Il tono, come si può capire, è più prossimo alla profezia che all’analisi sociologica. Altra caratteristica in comune da segnalare, l’idea che ogni restrizione alla libera circolazione delle informazioni è socialmente nefasta. Qui si tocca il nòcciolo duro del modello informatico. Abbiamo già sottolineato più volte, riprendendo l’analisi di Philippe Breton, che il progetto presentato da Wiener puntava proprio a porre fine al segreto (politico e militare) al fine di istituire una società giusta e trasparente, dove il carattere inclusivo sarebbe la garanzia di un mondo finalmente pacificato. (Vedi Philippe Breton, L’Utopie de la communication. Le mythe du “village planétaire”, 2004)
È questa stessa speranza che si ritrova in Quéau e Lévy quando difendono la collettivizzazione degli spiriti nel ciberspazio. Bisogna ammettere che la libertà dell’informazione che rivendicano va nella direzione di una de-soggettivizzazione del pensiero, che secondo Pierre Lévy non è altro che una «idiozia», una separazione artificiale da un flusso cosmico che attraversa gli individui da parte a parte. Secondo questo autore, l’io è un’illusione, «un trucco della selezione naturale, molto utile alla riproduzione della nostra specie», che tuttavia la riunificazione tecnologica rende obsoleto. (World philosophie, p. 201) La definizione di inconscio in Lévy d’altronde è molto più onnicomprensiva rispetto a un Lacan o un Derrida: «L’inconscio straripa enormemente dai complessi emotivi familiari repressi. Ingloba l’immenso processo cosmico vivente e culturale che si esprime soltanto parzialmente e momentaneamente nelle coscienze individuali (…) L’inconscio è il virtuale.» (World philosophie, p. 140) Voltando definitivamente le spalle alle rappresentazioni politiche moderne, Lévy propone una definizione apolitica di un mondo in cui l’umano è considerato secondo la logica dell’adattamento evolutivo.
Sommario 5.9
Riferimenti 5.9