La Nave dei Folli #4.10 fraontheblock
Episodio 4.10
Sapere che l’impronta di Bateson traspare chiaramente in Millepiani, tuttavia, non ci fornisce alcuna informazione circa le intenzioni filosofiche di dg. Per comprendere la portata culturale dei due autori bisogna soffermarsi brevemente sulla loro produzione, a partire dall’Anti-Edipo dove si rivolgono direttamente alla psicanalisi accusandola di circoscrivere la forza rivoluzionaria del desiderio al quadro rappresentativo di Edipo, secondo loro legato saldamente alla logica borghese capitalista. Alla fissazione edipica oppongono la schizo-analisi, l’unica in grado di rendere conto del flusso incessante delle «macchine desideranti». La loro originalità filosofica risiede in questa definizione del desiderio come macchina, come processo creativo illimitato. Pur rifiutando l’idea stessa di inconscio strutturale, mantengono il principio di base dello strutturalismo secondo cui non esiste un soggetto significante. Prodotto e attraversato dai flussi macchinici del desiderio, il soggetto vede andare in frantumi la propria unità a vantaggio di una fluidità identitaria marchiata col sigillo della molteplicità. Inserendosi all’interno di una logica differenziale, il concetto di molteplicità d’altronde è al centro della decostruzione filosofica operata da Deleuze e Guattari.
Elevata al rango di categoria filosofica, la molteplicità è irriducibile a qualunque forma di sintesi: «Solo la categoria di molteplicità, adoperata come sostantivo e al di là del molteplice non meno che dell’Uno, la relazione predicativa dell’Uno e del molteplice, è in grado di render conto della produzione desiderante». (L’anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, p. 45) Così come il concetto di scrittura per Derrida, è a-formale e a-soggettiva. Pensata sul modello dell’immanenza, si colloca al di là di ogni forma oggettiva, di qualunque individualizzazione. Questa indeterminazione primordiale rende possibile la connessione illimitata di elementi differenziali attraverso un processo di interdipendenza : «Non c’è più né uomo né natura, ma unicamente processo che produce l’uno nell’altra e accoppia le macchine. Ovunque macchine produttrici o desideranti, le macchine schizofreniche, tutta la vita generica: io e non-io, esterno ed interno, non vogliono più dir nulla.» (L’anti-Edipo, p. 4)
E poco più avanti: «non c’è ulteriore distinzione uomo-natura: l’essenza umana della natura e l’essenza naturale dell’uomo si identificano nella natura come produzione o industria, cioè anche nella vita generica dell’uomo. L’industria non è più presa allora in un rapporto estrinseco d’utilità, ma nella sua identità fondamentale con la natura come produzione dell’uomo, tramite l’uomo. Non tanto l’uomo in quanto re della creazione, ma piuttosto colui che è toccato dalla vita profonda di tutte le forme o di tutti i generi, che s’incarica delle stelle ed anche degli animali, e che non cessa di innestare una macchina-organo su una macchina-energia, un albero nel suo corpo, un seno nella bocca, il sole nel culo: eterno addetto alle macchine dell’universo.» (p. 6)
Sommario 4.10