La Nave dei Folli #4.9 fraontheblock
Episodio 4.9
Dal rizoma al ciberspazio
Divenuto autoproduzione di «macchine desideranti», in l’Anti-Edipo l’inconscio è presentato come il luogo di una dissoluzione creatrice del soggetto. Se, come sottolinea Katherine Hayles, l’impresa teorica di Deleuze e Guattari prende parte alla decostruzione del soggetto a cui diede avvio la cibernetica, non è difficile nascondere le ambiguità sollevate da tale filiazione. Eppure, questo equivoco è duro a morire e ha perdurato fino a giorni piuttosto recenti, ad esempio nel caso dell’interpretazione data alla cibernetica dalla celebre (fin troppo celebrata, ma in ultima analisi ampiamente decerebrata) rivista Tiqqun nel suo saggio “L’ipotesi cibernetica”, dove provò a riesumare il cadavere postmoderno in chiave insurrezionalista. Ma ci arriveremo.
Armand Mattelart, in Storia dell’utopia planetaria. Dalla città profetica alla società globale (1999), sottolinea come i due filosofi si siano opposti radicalmente al controllo manageriale scaturito dai modelli di organizzazione cibernetica: alla nozione di codice legata alla teoria dell’informazione, D&G preferiscono il concetto di flusso, più adatto a spiegare il funzionamento delle «macchine desideranti». Ma collocandosi senza ombra di dubbio nel prolungamento del paradigma cibernetico, l’approccio teorico di D&G si iscrive perciò nella maniera più falsa all’interno della tradizione della critica radicale delle sue applicazioni tecnocratiche. Questa posizione, sebbene piuttosto paradossale, non ha nulla di sconcertante: non fa che ricordarci il carattere multiforme del paradigma informatico.
Contrariamente a Derrida, D&G non si riferiscono direttamente al modello elaborato da Wiener. Il loro legame con la cibernetica passa piuttosto attraverso un debito concettuale verso Gregory Bateson che, lungi da essere solo un aneddoto, è il fulcro del decentramento filosofico a cui punta la loro opera Millepiani. «Bateson chiama “piani” delle regioni di intensità continua, costituite in modo tale che non si lasciano interrompere da un punto terminale esterno, così come non si lasciano andare verso un punto culminante». (Millepiani, p. 237) Infatti l’influenza del pensiero di Bateson è così presente in quest’opera che alcuni passaggi sembrano presi direttamente da Verso un’ecologia dello spirito: «Il campo d’immanenza non è interno all’io, ma non deriva neppure da un Io esterno o da un non io. È piuttosto come il Di fuori assoluto che non conosce più questi Io, perché l’interno e l’esterno fanno ugualmente parte dell’immanenza in cui essi si sono fusi.» (Millepiani, p. 236)
Sommario 4.9