
La Nave dei Folli #6.19 Matteo
Episodio 6.19
Lasciamo per il momento da parte il discorso sulla penetrazione delle idee cibernetiche negli ambiti delle scienze sociali, e torniamo alle conferenze Macy, nella fattispecie la seconda che si svolse sempre a New York nell’ottobre 1946. I vari membri riferirono agli altri partecipanti gli esiti delle ricerche svolte nei sei mesi intercorsi dalla prima conferenza, e per ricevere eventuali critiche o stimoli. Scorrendo in breve i principali interventi, McCulloch racconta del nuovo progetto portato avanti assieme a Pitts sulla percezione delle forme, il cui obiettivo è dimostrare che i processi che avvengono nel cervello unito agli organi sensoriali possono essere replicati da calcolatori dotati di reti neurali logiche ed elettroniche equivalenti. Sono i primi passi di quella che diventerà l’intelligenza artificiale, che si basa sulla costruzione di macchine calcolatrici in grado di apprendere dalle proprie operazioni come dai risultati passati, al fine di migliorare le prestazioni ed evitare gli errori. Wiener, però, interviene per esprimere la sua contrarietà ai tentativi di escludere i paradossi da queste discussioni, in particolare è preoccupato dell’eventualità che macchine di questo tipo sostituiscano gli esseri umani nella presa di decisioni: «Quali macchine sarebbero state in grado di prendere decisioni complesse in situazioni critiche? I loro ragionamenti sarebbero stati più “razionali” di quelli degli esseri umani di fronte a decisioni analoghe, o lo sarebbero stati di meno? E si sarebbero confrontate con i dilemmi inevitabili dell’esistenza?» (Conway-Siegelman, L’eroe oscuro dell’età dell’informazione p. 239)
McCulloch a quel punto capisce l’importanza delle argomentazioni di Wiener e che non si trattava unicamente di un futile esercizio filosofico; però, come riconoscerà più avanti, «quella giornata ha sofferto di un discorso troppo ormonale, o troppo poco formale». Infatti, von Neumann come abbiamo visto nel corso della nostra storia, non era incline come Wiener a porsi alcun dubbio di natura umanistica né tantomeno sociale, e non condivideva affatto le preoccupazioni del suo collega, anzi era infastidito dalla questione dei paradossi: non esistendo la registrazione o la trascrizione delle prime 5 conferenze (unicamente appunti riassuntivi), possiamo soltanto immaginare il livello dello scontro tra i due titani cibernetici, che inoltre non se la intendevano più armoniosamente come pochi anni prima.
Una grande novità di questa seconda conferenza è rappresentata dall’intervento di Pitts, che annuncia di aver iniziato a scrivere la sua tesi di dottorato sotto la guida di Wiener. Come ricorderà McCulloch «Walter era d’accordo con Norbert riguardo l’importanza dell’attività nelle reti casuali. Aveva trovato un modo per calcolare mediante la probabilità che un neurone fosse rilasciato in termini di probabilità di attività nel neurone che lo influenzava». (“Recollection of the Many Sources of Cybernetics”, intervento all’American Society for Cybernetics Forum, estate 1974) A differenza del lavoro svolto con McCulloch, grazie al suggerimento di Wiener ora Pitts «propone di estendere il calcolo logico della computazione da un modello piatto, bidimensionale e schematico, a uno tridimensionale e corporale, con una reale somiglianza fisica con le reti di comunicazione viventi del cervello», (Conway-Siegelman, L’eroe oscuro dell’età dell’informazione p. 239-40) cosa tutt’altro che facile al punto che nessuno aveva mai tentato di creare uno schema logico tanto complesso e di elaborarne la matematica. Per poter assomigliare davvero a un cervello, questa rete neurale tridimensionale di Pitts non doveva essere né fissa, né estremamente prevedibile, come erano invece i modelli che aveva elaborato con McCulloch o come i circuiti logici del cervello elettronico di von Neumann, bensì probabilistica nei calcoli e percorsa da fattori casuali. Un altro intervento importante è quello di Kurt Lewin, fondamentale per la penetrazione delle idee del gruppo cibernetico nell’ambito sociologico. Dopo la partecipazione alla prima conferenza, ha messo a punto molte applicazioni pratiche delle nuove teorie della comunicazione, rinvenendo la presenza di svariati processi circolari nelle interazioni tra un leader – autoritario come democratico – e il gruppo, oppure nei modelli di marketing e consumo di massa che stavano dominando la società americana, e in numerosi altri processi economici. Questi risultati, pubblicati l’anno seguente, si rivelano fondamentali nel plasmare «un legame permanente fra le nuove teorie della comunicazione e le scienze in via di sviluppo della psicologia sociale industriale e organizzativa», (Conway-Siegelman, L’eroe oscuro dell’età dell’informazione p. 240) a cui però Lewin non parteciperà, perché morirà un mese prima della terza conferenza, nel febbraio 1947, per un improvviso attacco cardiaco.
Sommario 6.19
Riferimenti 6.19