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Perché confrontarsi con la megamacchina che ci divora (e con gli inevitabili rischi e “presa male” che questo comporta) quando possiamo cambiare la società semplicemente trovando modi più empowering di starcene nelle nostre nicchie? Il corollario implicito di questo pensiero è infatti che non è necessario ostacolare materialmente i progetti del potere, anche quelli più mortiferi (dall’incarcerazione tecnologica delle nostre vite alla distruzione dei territori), tanto il cambiamento virtuoso è già in atto. Da “cambiare se stessi per cambiare il mondo” a cambiare se stessi per non dover cambiare il mondo, per finire a ribollire nel calderone delle migliaia di progetti, meeting, istituzioni che dalla fine del secolo scorso sono state il perno attorno a cui ruotano le politiche della psico-socio-cibernetica dal basso, e che sono altrettante medagliette e specializzazioni ostentate dai facilitatori nel proprio curriculum.
Se si guarda ai siti internet di questo gruppo di professionisti della facilitazione, la lista dei millantati crediti è lunga e si snoda nel tempo e nello spazio: dalle Città in Transizione all’European Citizens’ Panel – emanazione diretta della Commissione europea – dall’Associazione Italiana per la Partecipazione Pubblica a Democratic Society, da Ulex Project a Prossima Democrazia e molte altre ancora, senza scordare che qui nell’area dell’Europa mediterranea la prima palestra di vita, azione e pensiero anche politico dei boss della facilitazione sono stati gli eco-villaggi e i raduni Rainbow, dove i cerimoniali liturgici del culto della presa bene (per gli spagnoli buenrollismo) sono da decenni il fulcro attorno cui queste microcomunità ruotano, si amalgamano e spesso si sgretolano.
Ancora più tragicomico è l’elenco delle competenze contenute nelle loro “cassette degli attrezzi”. Per citarne alcune: Comunicazione Nonviolenta, detta anche linguaggio giraffa, ideato nel 1960 dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg, allievo di quel Carl Rogers di cui parleremo più avanti; ProcessWork o Psicologia orientata al Processo o Arte del Processo, creata da Arnold Mindell, fisico di formazione e poi psicologo di ispirazione junghiana, che ha ideato anche la deep democracy e ha scritto tra gli altri La mente quantica; Oasis Game, metodologia nata in Brasile dall’Istituto Elos per favorire il processo di comunità e che adopera strumenti che vanno dal sogno agli affetti alla cura fino alla celebrazione e ri-evoluzione; Lavoro che Riconnette (The Work That Reconnects) ideato da Joanna Macy (dal cognome del marito, che non c’entra nulla con l’omonima Fondazione) eco-filosofa studiosa di buddismo, teoria generale dei sistemi ed ecologia profonda, allieva di Ervin László; Forum-ZEGG, una forma ritualizzata di comunicazione trasparente per grandi gruppi tramite un metodo di condivisione profonda, sviluppata in Germania negli anni Settanta nell’omonimo ecovillaggio e comunità internazionale. E ancora coaching trasformazionale, partecipazione deliberativa e processi decisionali, lavoro corporeo e con i sogni, sostenibilità umana ed energetica delle organizzazioni, improvvisazione Clown e l’immancabile feticcio… il pensiero sistemico.
La società cibernetica globalizzata che procede verso l’inevitabile naufragio
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