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La Nave dei Folli

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Lunedì 16:00 trending_flat 17:00

Episodio 6.14

Nell’assolata mattina dell’8 marzo 1946, Norbert Wiener percorre Park Avenue di New York con uno slancio maggiore del solito, diretto verso l’incontro scientifico più importante della sua vita: «sarà una grande cosa, per noi e la nostra causa», aveva scritto tre settimane prima a Warren McCulloch, dicendosi impaziente di cominciare. Nessuna conferenza aveva mai osato prevedere un’agenda tanto ambiziosa di idee e discipline scientifiche intrecciate fra loro, come dimostra il complicato titolo: “Incontro sul meccanismo della retroazione e i sistemi causali circolari in biologia e nelle scienze sociali”. Questi due giorni e due notti al Beekman Hotel nell’Upper East Side di Manhattan, vitto e alloggio offerti dalla Fondazione Macy, rappresentano la nascita vera e propria della cibernetica, la prima riunione ufficiale dei suoi proponenti inziali, matematici e fisiologi, a cui ora si aggiungono gli scienziati sociali.

Il primo giorno prendono la parola i padri fondatori. John von Neumann esordisce con un’analisi del funzionamento degli elaboratori elettronici digitali e delle loro analogie con l’apparecchio di calcolo del sistema nervoso. Vestito come sempre in modo inappuntabile, fazzoletto perfettamente ripiegato nel taschino, descrive il nuovo calcolatore in costruzione a Princeton e alcune innovazioni introdotte: la maggior precisione degli apparecchi digitali rispetto a quelli analogici, l’uso della rappresentazione binaria dei numeri in sostituzione di quella decimale, il concetto di programma memorizzato, i vari modi per immagazzinare e rendere disponibili le informazioni, soffermandosi sul modo in cui queste macchine eseguono operazioni aritmetiche, ma tralasciando parecchi dettagli perché coperti dal segreto militare. Infine fa un confronto tra tubi a vuoto e neuroni, fra dimensioni d’ingombro del cervello e del calcolatore, tra le rispettive velocità operative e altre caratteristiche.

Von Neumann stupisce quella parte dell’uditorio che era nuova a queste idee, non avendo ancora incontrato queste metafore bio-macchiniche soprattutto per descrivere il funzionamento del cervello e dei calcolatori; segue un “duetto” con il neurofisiologo Lorente de Nó che descrive i neuroni, costituiti da un corpo cellulare e da uno o più neuriti capaci di trasmettere impulsi elettrochimici, come elementi di un automa fatto di materia organica. Gli impulsi in arrivo da altri neuroni tramite questi assi lo stimolano, o inibiscono, a scaricare un impulso lungo il proprio neurite, ma sempre, nello stesso passaggio, con la stessa forza. In questo senso la scarica di un impulso da parte di una cellula nervosa può essere considerata come un processo binario: uno stimolo genera o meno un impulso. Le caratteristiche di un neurone, come quelle di un componente elettronico, possono essere descritte in termini quantitativi: una precisa tensione di soglia è necessaria per stimolare la scarica; un certo “tempo di ritardo” separa l’arrivo e la partenza degli impulsi; due impulsi in arrivo si integrano a patto che il loro arrivo avvenga entro breve, ben definito lasso di tempo, il cosiddetto periodo di aumento latente; e così via.

Nel pomeriggio intervengono Wiener e Rosenblueth, spiegando il concetto di attività finalizzata con feedback negativo e le conseguenze della rottura di questo meccanismo, Wiener concentrandosi sulla progettazione di macchine e Rosenblueth sui meccanismi omeostatici e più in generale sul comportamento finalizzato degli organismi. Wiener esordisce presentando gli elementi essenziali delle sue scoperte nel campo della nascente scienza della comunicazione e i nuovi termini adottati. Poi ripercorre la storia degli automi, dai giocattoli creati da Erone di Alessandria come il «distributore automatico di vino controllato dall’innalzamento e dall’affondamento di un galleggiante» che adoperavano un meccanismo di feedback, oppure il regolatore centrifugo adoperato da James Watt alla fine del Settecento per controllare la velocità di una locomotiva, fino ad arrivare alla nuova specie di macchina intelligente costruita da lui e Bigelow durante la guerra, in grado di «prendere coscienza del mondo circostante e del suo stesso rendimento.» Dopo l’analisi dei meccanismi di autocontrollo delle macchine e dei principi generali a essi applicabili, sostiene che il punto pratico e teorico di maggior interesse riguarda la comunicazione: «L’idea fondamentale risiede nel messaggio, anche se non è inviato all’uomo, e l’elemento fondamentale del messaggio è la decisione». (Dagli appunti di McCulloch riguardo le prime tre conferenze, 1947)

Rosenblueth presenta alcuni fenomeni biologici in cui sono in gioco gli stessi principi enunciati da Wiener: il processo respiratorio, il nistagmo (un disturbo dell’occhio), il clono (il succedersi di contrazioni di un muscolo iperstimolato), i tremori del cervelletto (dovuti a un feedback non adeguatamente filtrato) e il controllo automatico della pressione sanguigna e della temperatura corporea. Wiener conclude spiegando come una macchina potrebbe avere l’equivalente di organi recettori ed effettori e contenere un elaboratore e vari altri circuiti elettronici, per funzionare efficacemente con cognizione del mondo circostante, secondo le necessità relative ai suoi scopi.

In questo primo giorno matematici, fisiologi e ingegneri cercano di colmare la distanza che li separa dagli scienziati sociali; «non a caso gli enunciati spaziavano dall’umano all’inanimato introducendo metafore ingegneristiche per i comportamenti umani e descrizioni antropomorfiche delle macchine.» (Steve Heims, I cibernetici, p. 26)


La società cibernetica globalizzata che procede verso l’inevitabile naufragio

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La Nave dei Folli squadra





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